Dal Senato un no alla parità di genere. Bonetti: "Grave"
Nonostante, per la prima volta nella storia della Repubblica, in questa legislatura sia stata eletta una donna alla guida di palazzo Madama, il linguaggio da usare nei documenti ufficiali e nella comunicazione istituzionale resta esclusivamente maschile. Niente parità di genere per declinare gli incarichi. Ieri, infatti, il Senato non ha approvato un emendamento, presentato dalla senatrice M5s Alessandra Maiorino sulla riforma del regolamento interno, che puntava a far adottare un linguaggio inclusivo nella comunicazione istituzionale scritta.
Nello specifico, chiedeva «l'adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne». Nei documenti ufficiali del Senato, invece, i ruoli apicali sono obbligatoriamente declinati al maschile. La proposta di modifica è stata votata con scrutinio segreto, su richiesta di Fratelli d'Italia (motivata con una presunta «questione di coscienza»), e ha ottenuto 152 sì, non sufficienti per raggiungere la maggioranza assoluta richiesta. Di fatto, il centrodestra in blocco si è opposto al cambio di linguaggio.
Amaro il commento consegnato a La Stampa dalla ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti: «Negare un linguaggio delle istituzioni capace di cogliere le specificità del femminile e di rappresentarle vuol dire negare di fatto la capacità delle donne di interpretare il proprio ruolo nelle istituzioni – spiega– Vuol dire negare la parte più dirompente, e ancora scomoda, della nostra Costituzione. È un fatto grave, compiuto in segreto sperando forse in un Paese distratto, e invece è sotto gli occhi di tutti. E di tutte».