La ministra Elena Bonetti era al G7 sulle Pari opportunità di Berlino mentre il leghista Lorenzo Fontana diventava la terza carica dello Stato. Dei colleghi stranieri riporta «l’augurio che l’Italia rimanga un partner fondamentale sulla parità di genere» e qualche domanda informale, forse anche un po’ preoccupata, su quello che sta succedendo nel nostro Paese.
 
Cosa pensa del nuovo presidente della Camera Lorenzo Fontana?
«Le sue idee sono anni luce dalle nostre. Trovo particolarmente grave l’assenza di riferimenti alla guerra in Ucraina nel suo discorso di insediamento. Spero lasci le sue convinzioni fuori dall’istituzione che è chiamato a servire. Se così non dovesse essere, troverà la nostra ferma opposizione».
 
È stato anche il suo predecessore alla Famiglia. Cosa vi distingue?
«Come ministro Fontana ha sostenuto posizioni ideologiche, identitarie e radicali. Al contrario io ho cercato la concretezza e il dialogo per dare risposte. Si vede dai risultati, come il Family Act, approvato da tutte le forze politiche tranne l’astensione di FdI, che pure l’aveva votato in commissione».
 
Alcune dichiarazioni di Fontana sono oggettivamente omofobe. Questo la preoccupa?
«Sì e molto. L’omotransfobia lede il rispetto della dignità della persona previsto dalla nostra Costituzione. Chi interpreta un ruolo istituzionale così alto deve rispettare questo principio. Ed è quello che mi aspetto anche da parte del presidente Fontana».
 
Il Pd potrebbe proporre Alessandro Zan come vicepresidente della Camera. Lei lo voterebbe?
«Le opposizioni devono tutte essere rappresentate. Penso che le cariche istituzionali non si debbano scegliere con criteri ideologici. Spero che il Pd non faccia con Zan quello che fa con le donne, utilizzandole come bandierine o nomi da bruciare».
 
Avrebbe un valore simbolico, però.
«Alle cittadine e ai cittadini non servono i simboli. La politica di contrapposizione del rosso contro il nero ha fallito in campagna elettorale, suggerirei a Letta di non riproporla».
 
Meloni ha detto più volte che non toccherà la legge sulla 194. Eppure ha appena portato un anti-abortista sullo scranno più alto di Montecitorio.
«In questa campagna elettorale si è detto tutto e il contrario di tutto, ora emergono le contraddizioni. Sia da destra che da sinistra non approvo l’approccio ideologico di chi usa la vita e i drammi delle persone per visibilità politica. Spero, ad esempio, che Meloni si sia pentita del video dello stupro pubblicato quest’estate».
 
La leader di FdI sarà quasi di certo la prima donna a Palazzo Chigi. Da ministra per le Pari opportunità le sembra positivo?
«Mi sembra un elemento di normalità per il nostro Paese. Ma al primo voto parlamentare per le più alte cariche dello Stato la scelta è ricaduta su due uomini. Mi auguro che Meloni segua l’esempio di Tina Anselmi: “una donna che riesce, riesce per tutte le altre”».
 
Oltre ad augurarselo, crede che lo farà?
«Non voglio avere pregiudizi. Spero intanto che cambi la sua idea e sostenga la direttiva europea sulla parità salariale fra uomini e donne, non votata da Fratelli d’Italia».
 
Le opposizioni vanno in ordine sparso. Non è un regalo al governo di destra che verrà?
«Ciò che rende deboli è la mancanza di idee e non è il nostro caso. Noi saremo un’opposizione matura che sa dialogare».
 
Voterete anche i provvedimenti del prossimo esecutivo?
«Se utili al Paese certamente sì. Per esempio, sul reddito di cittadinanza, Fratelli d’Italia ha detto che vuole abolirlo e noi valuteremo quello che propongono. Ovviamente non voteremo mai la fiducia a Meloni, però».
 
Siete ancora “sospettati” per l’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza di Palazzo Madama.
«Intanto mi faccia esprimere piena condanna verso le minacce ricevuta dal presidente del Senato. Detto ciò, noi non l’abbiamo votato e non avremmo mai potuto votarlo per le diverse storie politiche. Quel voto ha fatto esplodere le contraddizioni della destra. Ha reso evidente la recita della presunta unità. Questo è un governo debole già in partenza».

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