Elena Bonetti: "Una legge per l'empowerment femminile"
Misure per l'indipendenza finanziaria delle donne, e per prevenire la violenza economica. Un rafforzamento della certificazione della parità di genere nelle imprese. Riequilibrio tra i sessi nelle carriere accademiche. E un passo in avanti per le quote rose. Elena Bonetti, ex ministra del governo Draghi, ha presentato una proposta di legge per promuovere la presenza femminile dal punto di vista economico e lavorativo. A vantaggio di tutto il Paese.
Qualche passo avanti verso la parità di genere è stato fatto, è indubbio. Ma molto, troppo, resta ancora da fare. A cominciare dall’occupazione femminile ferma al 51%, lontana dalla media europea. E se è vero che grazie alla legge Golfo-Mosca le donne nei cda sono passate dal 6 al 40%, è vero anche che nei ruoli di vertice ed esecutivi sono ancora pochissime; le manager sono ancora il 21% del totale. Partendo da questi dati Elena Bonetti, parlamentare di Azione ed ex ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia del governo Draghi, ha appena depositato una proposta di legge che ha chiamato LeaderShe Act, in continuità con il “suo” Family Act. E che presenta su iodonna.it.
Onorevole Bonetti, come nasce LeaderShe Act?
Nasce in continuità con la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-26 che avevo costruito e approvato durante il governo Draghi e in continuità con leggi importanti come la Golfo-Mosca. Vuole rispondere alla necessità del Paese di promuovere la presenza femminile dal punto di vista economico, lavorativo e di leadership. I temi sono: l’empowerment finanziario, la promozione della presenza femminile in posizioni apicalli anche esecutive, l’investimento in formazione e competenze femminili nelle imprese, sia portando avanti un investimento strutturale nell’imprenditoria femminile, sia rafforzando la certificazione della parità di genere.
Partiamo da quest’ultimo punto: quali novità?
Ci saranno più vantaggi fiscali e più premialità negli appalti pubblici per le imprese certificate. Dal 2027 la certificazione sarà obbligatoria per le imprese con più di 500 dipendenti, che dovranno garantire il 30 per cento di donne nei livelli dirigenziali. Previsto anche un fondo di 30 milioni annui per il sostegno alle imprese femminili.
E nelle università?
Introduciamo anche qui un obbligo di presenza femminile pari almeno al 30% negli organi collegiali, di valutazione e nelle commissioni di concorso. Inoltre verranno premiate con più finanziamenti le università che avranno ottenuto la certificazione di parità di genere. Applichiamo alle università la stessa premialità delle aziende.
Una misura importante è il Conto Donna: cosa significa?
Introduciamo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare lo stipendio sul conto corrente intestato o cointestato alla lavoratrice. Questa misura avrà un impatto enorme perché ancora oggi solo 1 donna su 3 ha un conto corrente personale. Ci sono tante lavoratrici alle quali lo stipendio viene erogato su un conto che non hanno a disposizione, e lo stesso vale per i giovani. Per favorire la misura, si crea un fondo che abbassi le spese di apertura di nuovi conti per i giovani e le donne. Inoltre verranno promossi corsi di educazione finanziaria.
E per le vittime di violenza?
Rendiamo strutturale il Fondo per il microcredito di libertà per sostenere il loro inserimento lavorativo, perché alle donne serve l’indipendenza economica, passo necessario per la libertà. Appare molto grave che oggi si sia lasciato intendere che si possa dare il sostegno lavorativo solo alle donne sfregiate, e non a tutte le vittime di violenza. Aggiungo una cosa: in un momento di stagnazione economica come questo, che rischia di far retrocedere l’Italia rispetto alle sue potenzialità di sviluppo, questa legge può essere la leva per far fare un salto nella valorizzazione delle competenze femminili. Ogni volta che abbiamo coraggiosamente investito nel femminile abbiamo avuto risultati moltiplicativi di benessere. Questa era stata l’idea del governo Draghi, poi c’è stato un rallentamento.
In che modo rallentamento? Il Family Act è legge.
Ma il governo non lo sta mettendo in pratica perché non ha ancora fatto i decreti attuativi. Questa legge vuole attuare quelle misure che avevamo indicato e che purtroppo non sono ancora la realtà delle donne.
Fonte: iodonna.it